Goddess e l’arte della collaborazione femminile: l’intervista a Fay Hallam
L’ex batterista delle Savages ci ha raccontato il suo disco nato lavorando con un’impressionante schiera di voci e artisti e che spazia tra post-punk, suoni abrasivi, industrial ed eterei

Foto di Rob Greig
L’abbiamo conosciuta come una delle protagoniste del quartetto post-punk Savages, che tra il 2013 e il 2016 aveva pubblicato una doppietta di album stupendi, entrambi nominati al Mercury Prize. Due dischi per chi ama un certo alternative rock derivativo. Poi un lungo stop, e mentre la cantante Jehnny Beth dava forma ai suoi progetti da solista, Fay Hallam coltivava sempre più interesse per i temi ambientali e sociali. Nel 2019 ha co-fondato una charity per l’attivismo climatico: Music Declares Emergency con il sostegno di Billie Eilish e dei Radiohead. La musica? Apparentemente in pausa. Anche in questo caso, è un progetto di fondo che spinge Fay a decidere che comporre e suonare, con il progetto Goddess, è ancora una missione da portare avanti, assieme all’attivismo. E cosa sensata era trovare una sintesi perfetta tra musica e attivismo.
Goddess, non solo una band ma anche occasione di sorellanza etica
Così è nata Goddess, situata esattamente all’incrocio tra una band, un collettivo artistico e un manifesto musicale delle artiste di una certa comunità della musica alternativa a Londra. Dallo scorso 28 maggio è finalmente disponibile per Bella Union il disco omonimo al progetto. Dove ovviamente ogni artista ha portato la propria personalità e stile: Ex:Re (Elena Tonra dei Daughter), Shingai (ex-cantante dei Noisettes), Delilah Holliday (del duo punk skinny girl diet), Harriet Rock (pittrice, musicista tornata a vivere a Londra dopo 4 anni in una baita), Salvia (cantante e visual artist) fra le altre. Concettualmente Goddess è in qualche modo simile a Massive Attack o Desert Sessions: un’esperienza musicale dove è potentissimo un ethos di riferimento. Dove ogni artista in primo piano ha lo spazio e la libertà di rendere la propria canzone unica, tutto sotto la protezione di una leader visionaria che era urgente incontrare.
L’intervista a Fay Hallam
Concettualmente, questo album è intrigante, mi ricorda anche il modo di lavorare di Richard Russell con il suo progetto Everything Is Recorded. Chi ti ha ispirato?
Quando ho iniziato questo progetto, sono stata inizialmente ispirata da Goldie che mi ha chiesto di creare una versione punk femminile del suo brano Road Trip ft Skepta. Ho realizzato e pubblicato il brano con Meredith Graves e Nick Zinner degli Yeah Yeah Yeahs, ed è stata la prima musica che ho prodotto. Ho realizzato quanto amassi produrre musica e quanto trovassi affascinante il processo.
Un progetto che vede l’universo creativo al femminile al centro…
L’idea mi è venuta in un lampo, sai? Alla fine c’è stata una stimolante collaborazione tra artiste femminili e non binarie. Sapevo di diversi progetti collaborativi in questo modo, ma non ne conoscevo alcuno dove davvero l’energia femminile fosse, come di dici tu, centrale. Ho pensato che fosse un percorso degno di essere perseguito, per aggiungere qualcosa di nuovo al mondo.
Hai ascoltato l’album di un trio di batteristi come Lol, Budgie, Jacknife Lee? A mio avviso, ci sono somiglianze in alcune sfumature dark-wave.
Non lo conosco… (apre il suo computer e guarda, ndr), interessante, sì! È sicuramente un concetto simile!
Mi piace tantissimo la copertina, oggi difficile vedere peraltro copertine artisticamente stimolanti. Hai messo un dettaglio di un grande dipinto ad olio di Angela Santana. Le sue opere molto belle, mi ricordano un po’ certe opere del Futurismo italiano e anche un po’ di Francis Bacon.
Adoro l’uso dell’olio come antidoto alla natura effimera delle immagini digitali. Amo il lavoro di Angela, è una mia amica e sono stata molto felice quando ha detto che potevo usare la sua opera, The Achievement, per la copertina del mio album. Questo dipinto è stato presente nella mia mente per tutto il processo di creazione del disco ed è stata un’idea creativa guida. Penso che la fusione di bello e grottesco, sia naturale che innaturale, si sia intrecciata diventando un tema del disco.
Nell’album ci sono molti riferimenti al suono industriale, quando è nata la tua passione per questo genere musicale?
Tre parole… Nine Inch Nails! Ricordo chiaramente di aver visto i NIN per la prima volta ai festival di Reading e Leeds in giorni consecutivi, la mia testa è esplosa. È stato quando li ho rivisti a Bogotà, Colombia, mentre eravamo in tour con le Savages per il tour di Lollapalooza, che ho pensato per la prima volta “Voglio fare quello!”. Quando ho iniziato Goddess, il mio obiettivo era fare qualcosa di simile e ho chiamato il progetto 180dB per mostrare quanto forte volevo essere. Ma, guarda un po’, non è la musica che è venuta fuori. Si scopre che non sono Trent Reznor, sono Fay Milton e la musica nella mia anima è a volte pesante e industriale, ma spesso è anche più delicata e femminile. Quindi il progetto è diventato Goddess.
Gli artisti che hai coinvolto sono prima di tutto amici, come nel caso di Elena Tonra con cui hai anche vissuto, ma ci sono anche artisti che non conoscevi molto bene. Immagino che tu li abbia coinvolti per una specifica ragione.
Molte artiste sono in effetti vere amiche ed è stato fantastico lavorare insieme e creare musica. Shingai in particolare, è stata una grande ispirazione per me con la sua band Noisettes. Una delle mie principali influenze per entrare nel mondo della musica e ha portato molta della sua energia suonando nelle Savages. È stato un privilegio incredibile lavorare con una delle mie eroine che è anche una delle mie migliori amiche. Cosa c’è di meglio di questo! Shadow Stevie invece è un’artista che ho conosciuto attraverso questo progetto. Sono rimasta molto colpita dalla sua voce, lo so che non è molto conosciuta ma proprio per questo l’ho coinvolta. Anche Salvia, conoscevo la sua straordinaria arte visiva, ma non appena ho saputo che stava facendo musica, ho chiesto a una nostra amica designer, Pam Hogg, di metterci in contatto.
Creare musica insieme in collaborazione con le persone è uno spazio davvero vulnerabile e bello e ciò è vero sia che tu conosca già l’artista o meno. Infatti, a volte può essere un processo ancora più delicato quando sei amico. Adoro connettermi con le persone e creare musica insieme è un ottimo modo per farlo. Trovo che soprattutto con le artiste femminili ci sia una dolcezza nella collaborazione, è come una danza, offrendo idee e dando feedback sul lavoro dell’altra.
Presentaci meglio Harriet Rock, pittrice, musicista che è tornata a vivere a Londra dopo 4 anni in una capanna!
Harriet Rock è una persona incredibile. Ha avuto l’idea di reinterpretare 22nd Century cantata Exuma (ma l’originale è di Nina Simone, ndr) dopo averlo sentito nella playlist di 1.000 brani di Caribou. Scritta nel 1970, il testo è incredibilmente attuale rispetto al mondo di oggi. Quando ho sentito la sua voce per la prima volta, sapevo che era lei quella giusta per cantare questa canzone. Ha un’enorme gamma dinamica, dal delicato al potentissimo e appassionato ed è ciò di cui questo brano ha bisogno. Avevo chiesto a diverse persone di reinterpretarlo e non avevo ancora trovato qualcuno abbastanza folle da affrontare questi epici 7 minuti, con quello che sembra un migliaio di testi, ma Harriet ha detto di sì subito. È un’anima coraggiosa! Ha assolutamente dato tutto ciò di cui questa traccia ha bisogno e ha incarnato la totalità del testo cantando la canzone come se fosse sua.
Immagino abbiato legato molto.
Sì, quando ci siamo incontrate in studio, siamo diventate amiche istantaneamente. Harriet Rock è meravigliosa e mistica, consiglio a tutti di seguirla da vicino, ha della musica straordinaria in arrivo. Ho anche suonato la batteria per alcune delle sue canzoni. Mi ha raccontato la sua storia degli anni vissuti da reclusa in una capanna, ma in quel modo nasce un vero artista!
Senti, a proposito di cover, Golden è il tuo remake del brano Grande della band italiana Afterhours, scritto da Manuel Agnelli, sulla morte di suo padre. Come hai conosciuto Manuel Agnelli?
Amo Manuel! L’ho conosciuto tramite il mio amico e collaboratore, il regista Giorgio Testi. Ci siamo subito intesi molto bene, condividiamo lo stesso compleanno (13 marzo) e abbiamo una grande connessione umana. Manuel ha chiesto ad Ayse e me di esibirci nel suo programma televisivo (Ossigeno, ndr) insieme a lui, suonando una cover di The Killing Moon degli Echo and the Bunnymen. Siamo anche andati a vedere gli Afterhours suonare al Forum ed è lì che ho sentito per la prima volta Grande. Racchiude dolore, vulnerabilità, forza e libertà tutto in uno. Ho chiesto a Manuel se potessi fare una cover e lui ha detto di sì. Con un po’ di aiuto, ho tradotto i testi in inglese, poiché volevo condividerla con un pubblico anglofono. La voce di Shadow Stevie penso sia perfetta per questa versione più delicata. C’è anche Rodrigo D’Erasmo che suona il solo di violino come nell’originale.
Dici di essere stata ispirata da SOPHIE per Fuckboy e infatti ci sono alcune connessioni. Questa è la canzone con il suono più “contemporaneo” dell’album.
Riposa in pace SOPHIE! Lei è stata una grande ispirazione per molti artisti e il suo lascito e spirito vivono in molti modi. Eravamo stati in contatto per lavorare insieme e stavo sperimentando alcuni suoni più ritmici e industriali quando ho creato la parte strumentale di Fuckboy. Ho avuto una sessione in studio con un “collaboratore misterioso” che ha scritto i testi ed è stato subito un successo. Stavo cercando una vocalist per la versione finale del brano e in quel momento ho contattato Salvia.
Parlaci di lei, non la conoscevo prima di questo disco.
Sapevo del suo lavoro come artista visiva da anni. Devi vedere le sue opere per comprenderla, sono un mix di bello e grottesco che ti attira e ti allontana allo stesso tempo. È un’artista davvero unica. Quando ho realizzato che aveva iniziato a fare musica, sapevo che sarebbe stata perfetta per Fuckboy. L’ho contattata attraverso un’amica comune, la designer Pam Hogg. Salvia ha amato il brano da subito e la nostra sessione insieme è stata davvero bella. Io e lei abbiamo un po’ di spigolosità e dolcezza e la nostra sessione in studio ha avuto bisogno di entrambe le energie. Sono così entusiasta che abbia anche creato un video per il brano. Si concentra sul lato industriale della canzone. Incoraggio tutti ad ascoltare l’ultimo album di Salvia, Tulip, è un’opera incredibile e uno dei miei album preferiti di quest’anno.
Instead Shadows è una bella canzone più “tradizionale”, questa è stata una delle prime canzoni che hai scritto, giusto?
Sì! Ero così felice che Elena volesse fare un brano insieme. Eravamo amiche da alcuni anni e adoro la sua musica. Avevo già scritto l’idea strumentale e lei ha aggiunto la sua voce squisita sopra. Il pianoforte è suonato da Hinako Omori che ha portato una bella luminosità, il basso invece è di Ayse Hassan delle Savages. Ci sono molti elementi diversi qui, ma in qualche modo sembrano tutti bilanciarsi!
Dopo la pandemia e l’avvento della Brexit, Londra 2025, come la descriveresti?
Londra è la mia città natale ed è un luogo incredibile per la cultura. Ogni giorno e ogni notte ci sono così tante scelte di musica e arte di livello mondiale da vivere. È un luogo difficile in cui vivere ed è stato surreale durante la pandemia. Proprio come la sua popolazione, però, continua a progredire anche quando le cose si fanno difficili, non puoi fermarla!